I problemi di sicurezza degli ultimi mesi stanno spingendo molte aziende ad affidarsi al software proprietario.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 16-09-2022]
I sostenitori del software proprietario (o closed source) da sempre sostengono che l'impossibilità di esaminare liberamente il codice sorgente sia una garanzia di sicurezza: se nessuno al di fuori del ristretto gruppo di sviluppatori lo vede, nessuno può scovarvi delle falle.
I sostenitore del software aperto (open source), invece, sostengono l'esatto opposto: proprio perché chiunque può esaminare il codice è più facile e veloce individuare, e quindi correggere, eventuali vulnerabilità.
Negli ultimi tempi pareva che la seconda posizione fosse ormai diventata maggioritaria, tanto che persino Microsoft, un tempo decisamente ostile all'open source, pare essersi convertita.
Eppure, stando al rapporto 2022 State of Data Science, redatto dalla società di analisi Anaconda, di recente molte aziende stanno, se non abbandonando completamente, almeno riducendo in modo significativo il proprio affidamento al software open source.
La ricerca di Anaconda è stata condotta intervistando quasi 3.500 persone - tra membri del mondo accademico, professionisti (categoria che comprende varie figure, dagli amministratori di sistema agli scienziati che si occupano di intelligenza artificiale, dagli analisti a chi si occupa dell'uso della tecnologia in campi diversi come la sanità, la finanzia e via di seguito), e studenti - in 133 Paesi.
È emerso che, tra i professionisti, appena il 7% ha visto aumentare l'uso di soluzioni open source nella propria azienda nell'ultimo anno; per il 33% l'adozione di software a sorgente aperto è rimasta identica all'anno precedente; il 20% non era sicuro di come andassero le cose; infine, il 40% ha affermato che l'uso del software open source è stato ridotto.
È pur vero che «riduzione» non significa «eliminazione»: nell'87% dei casi l'organizzazione interessata non ha cancellato completamente la possibilità di adottare soluzioni open; soltanto, la direzione intrapresa prevede che vengano privilegiate le proposte closed, per ragioni di sicurezza.
Una spinta importante in questo senso sarebbe stata data da quanto avvenuto negli ultimi mesi proprio nel mondo dello sviluppo open source: casi come il bug scoperto in Log4j e il sabotaggio volontario di alcune librerie da parte del loro stesso sviluppatore avrebbero convinto dirigenti e tecnici a ripensare le proprie strategie, puntando maggiormente verso le soluzioni proprietarie.
Circa le metà di quel 40% di professionisti che testimoniano la riduzione dell'importanza dell'open source ha affermato che ciò è accaduto proprio a causa di Log4j; un 31% s'è detto inoltre convinto che i problemi di sicurezza siano a oggi «la sfida maggiore» per il panorama open source.
È pur vero che l'utilizzo di soluzioni "aperte" è ancora molto ampio: in una forma o nell'altra, il 92% delle realtà incontrate da Anaconda ne fa uso. Del restante 8%, oltre la metà non lo fa adducendo motivi di sicurezza.
Le altre ragioni che spingono a guardare con sospetto l'open source sono «la mancanza di comprensione», «la mancanza di fiducia nella capacità di gestire l'IT», «il fatto che il software open source sia considerato insicuro, e pertanto non è permesso usarlo», e infine la volontà di non «interferire con i progetti in corso».
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