Prosegue la campagna denigratoria nei confronti del pinguino: dopo le pesanti dichiarazioni di Microsoft, anche una autorevole fonte come Gartner Group presenta un'analisi quanto meno distorta.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-06-2001]
Secondo Jim Allchin di Microsoft, l'open source sarebbe dannoso per l'innovazione e addirittura contrario all'"American Way Of Life". Tale tesi è stata, in qualche misura, ripresa ed accreditata dalla stampa italiana. E qualche grande società di analisi e ricerca divulga dati sconcertanti.
Secondo una ricerca recentemente pubblicata da Gartner Group, Linux detiene meno del 9% del mercato dei sistemi operativi per server, ed è del tutto assente nel segmento del supercomputing parallelo.
Si tratta di risultati molto lontani dalla percezione che gli addetti ai lavori hanno del "fenomeno" Linux, e assai distanti anche da quanto evidenziato da altre ricerche, ove si parla di una quota vicina al 27%. Ad ogni buon conto, l'8.6% di Gartner è stato subito preso per buono da Waggener-Edstrom, società di pubbliche relazioni legata a Microsoft, che ha spedito un comunicato a giornalisti e editorialisti statunitensi.
Ora, ben sappiamo che Linux è sottoposto a licenza GPL: perciò è del tutto possibile (e lecito, nonché probabile) che da una copia acquistata vengano prodotte diverse copie, per non dire che l'intero sistema è scaricabile dalla Rete senza necessità di acquistare alcunché; inoltre, mentre è assai probabile che un pc sia venduto con Windows preinstallato (e pertanto, insieme al pc, si acquisti anche la licenza d'uso del sistema Microsoft), altrettanto non può dirsi per Linux. Anzi, se dopo avere acquistato un pc con Windows a bordo si formatta il disco e si installa una distribuzione Linux, si ottiene un server Linux che Gartner censirebbe tra gli acquisti di server Windows.
Per quanto riguarda il computing parallelo valgono considerazioni analoghe: è molto probabile che la maggior parte dei cluster Linux siano stati realizzati presso unversità o centri di ricerca (come il CERN), senza l'acquisto di licenze o prodotti commerciali; del resto, anche i più diffusi software utilizzati nel clustering di macchine Linux (tra i quali Beowulf e Mosix) sono pacchetti open source e per acquisirli non è necessaria una transazione commerciale.
Tra l'altro, per farsi un'idea della presenza di Linux nel supercomputing parallelo, basta una visitina a Clusters Top 500.
Quella di Gartner non sembrerebbe, dunque, una statistica "addomesticata", ma, piuttosto, negativamente influenzata da una discutibile definizione dell'ambito di indagine; certamente la sua pubblicazione può essere stata apprezzata da chi ha interesse a presentare Linux, e l'open source in generale, come un fenomeno di nicchia, alimentato da smanettoni: pochi, e per di più fastidiosamente rumorosi.
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