Il Patto di Sanremo, proposto dai ministri Gasparri, Stanca, Urbani e sottoscritto da cinquanta tra imprese e associazioni di settore, è solo un'operazione di immagine.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-03-2005]
I ministri per l'innovazione tecnologica Lucio stanca, per le comunicazioni Maurizio Gasparri, per la cultura Giuliano Urbani hanno lanciato, in pompa magna e con grande clamore, il "Patto di Sanremo" per tutelare il diritto d'autore sulla Rete e per favorire l'offerta di contenuti digitali, facendo della Rete un ambiente sicuro, incentivando gli sviluppi tecnologici che possano permettere di offrire con tranquillità contenuti musicali, cinematografici, letterari, senza timore della pirateria on line. Il Patto è sottoscritto da cinquanta soggetti tra imprese delle Tlc, multimediali ed editoriali, cinematografiche e le varie associazioni di settore.
Sarebbe facile per chi ha sempre giudicato (in modo pesantemente negativo) la legge Urbani, che criminalizza il peer-to-peer e che è stata emendata solo parzialmente, mantenendo il reato penale, giudicare il Patto di Sanremo come un ennesimo giro di vite contro il peer-to-peer. Ma non è nemmeno così.
La realtà è che questa iniziativa interministeriale, copiata dai tavoli di concertazione in materia di politica economico-sociale tra imprese, sindacati ed esecutivo, che il Governo Berlusconi aveva voluto abbandonare e che ora ha ripreso per il tema del rilancio della competitività, è solo un'operazione di immagine: fumo negli occhi e niente più.
Urbani, ministro della cultura, è contestato dalle stesse Anica e Agis per i tagli selvaggi ai fondi per il cinema e lo spettacolo; non c'è nessuna volontà da parte sua di ridurre l'Iva su Cd musicali e Dvd, nessuna scelta forte per la digitalizzazione della cultura (come per esempio il progetto che i francesi annunciano in questi giorni di portare in Rete la Biblioteca di Parigi, per evitare che il progetto della biblioteca di Google aumenti e consolidi l'egemonia linguistico-culturale dei Paesi anglosassoni). Questo avviene in un Paese come l'Italia, la cui lingua è stata recentemente marginalizzata anche a livello ufficiale di Unione Europea.
Gasparri, che ultimamente fa pubblicità (direttamente come ministero) al digitale terrestre e all'offerta del calcio sul digitale di Mediaset e La7, non si sta muovendo per ridurre il digital divide nel nostro Paese, in termini di diffusione della banda larga e di riduzione delle tariffe Adsl, che costituiscono le principali barriere all'offerta e all'acquisto di contenuti digitali in Rete. Anche qui la leva fiscale volta a promuovere l'e-commerce, anche solo culturale, come viene fatto negli Usa, non viene nemmeno presa in considerazione. La Siae rimane commissariata e contestata sempre più dagli stessi autori.
Come tanti tavoli della concertazione, gli impegni sono solenni e ambiziosi; ma mancano regole, controlli, sanzioni, tappe concrete, leggi e incentivi per attuare i proclami che siano a favore del digitale o contro la pirateria on line.
Intanto il mondo della cultura, delle università, delle scuole e dei conservatori musicali, del cinema, scende in piazza contro un governo che sulla cultura investe sempre di meno. Per fortuna il Patto di Sanremo, anche con il suo potenziale repressivo, fatto di inviti a sviluppare contenuti digitali in fome irriproducibili, non ha alcuna valenza concreta: è stata solo una gita a Sanremo. Ci spiace per i tanti che si sono prestati a fare le comparse.
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