[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-03-2020]
Chi ricorda il non eccelso film The Circle ricorderà anche come la possibilità di essere tracciati - e rintracciati - in ogni momento possa essere sia utile che molto dannosa.
Nella realtà non siamo ancora ai livelli descritti nella pellicola, eppure il mondo è pieno di gente che, tramite lo smartphone o dispositivi indossabili come i braccialetti smart per il fitness, comunica ai server di qualche colosso informatico ogni proprio movimento.
Di norma, forse non c'è nulla di cui preoccuparsi. Nel caso del trentenne americano Zachary McCoy, invece, i problemi sono nati quando, lo scorso gennaio, Google gli ha fatto sapere che la polizia aveva richiesto, tramite mandato, l'accesso alla cronologia dei suoi spostamenti.
«Mi sono spaventato davvero molto» ha poi dichiarato l'uomo. «Non sapevo di che cosa si trattasse,ma sapevo che la polizia voleva qualcosa da me. Avevo paura che mi accusassero di qualcosa, ma non sapevo di che cosa».
Per cercare di capire qualcosa di più, ha consultato il sito del dipartimento di polizia, contando sul fatto che nella notifica di Google era indicato il numero di un caso aperto: ha così scoperto che la questione pareva trattare un caso di furto con scasso presso la casa di un'anziana signora, avvenuto dieci mesi prima.
Tutto ciò non ha fatto altro che aumentare comprensibilmente la confusione nell'uomo, che non aveva nulla a che fare col reato; nella sua mente è nato però un collegamento.
McCoy è un appassionato ciclista dilettante. Macina periodicamente chilometri in sella alla sua bicicletta, e ha alcuni percorsi che predilige rispetto agli altri.
Controllando i propri movimenti come registrati dall'app che usava per tenere traccia dei propri progressi, ha scoperto che il giorno del furto era passato per tre volte in un'ora davanti alla casa dove s'era verificato il fatto.
«Era uno scenario da incubo. Stavo usando un'app per vedere quante miglia avessi percorso in bicicletta e quella mi stava mettendo sulla scena del crimine» ha spiegato McCoy.
Grazie alla consulenza di un avvocato, il ciclista americano ha scoperto che la polizia aveva inizialmente ottenuto i dati del suo percorso, ma in maniera anonima; per capire chi fosse l'uomo che era per ben tre volte passato davanti alla casa in cui viveva la donna derubata s'era quindi rivolta a Google, che a suo volta aveva informato McCoy.
Di qui l'inizio di una trafila legale che in questi ultimi giorni ha portato la polizia ad analizzare meglio i dati e a scagionare completamente Zachary McCoy, che solo per una coincidenza si è trovato a pedalare per quella via in quella data.
«Non avevo capito» - ha dichiarato McCoy - «che attivando i servizi di localizzazione di Google i luoghi che visitavo sarebbero stati registrati. Sono sicuro che sia scritto nelle loro condizioni d'uso ma non ho mai letto tutta quella pappardella, e credo che nemmeno la maggior parte della gente lo faccia».
«Il mandato» - ha aggiunto l'avvocato - «è stato a tutti gli effetti uno sparare nel mucchio sperando di colpire il ladro. È lo stesso concetto che si ritrova in molti film di fantascienza con governi distopici e fascisti».
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