Cassandra Crossing/ Google comunica perfezionamenti della funzione Find My Device, ormai simile a quella della Mela Morsicata. Ma saranno rose e fiori oppure no?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-02-2025]
Il covid - ormai meglio mettergli l'iniziale minuscola - ci ha lasciato tanti brutti ricordi e molti di noi li hanno, consciamente o inconsciamente, in buona parte rimossi. Cassandra però cerca, nei limiti dati dall'età, di ricordarsi sempre quanto più è possibile. Per cui un annuncio di Google sul miglioramento della funzionalità Find My Device, simile a quella di Apple Find My, ha richiamato alcuni tristi ricordi, proiettandoli nel presente e nel futuro.
«Ma che ci azzecca il covid?» penseranno tutti. Ci azzecca, ci azzecca, e ci arriveremo tra poco. Accontenteremo anche i 24 informatissimi lettori, che avranno già pensato «È da mo' che in Google c'è questa funzione, che è praticamente uguale a quella di Apple». Ma basta giustificazioni; la vostra profetessa preferita è convinta che alla fine i minuti che avrete dedicato a queste righe vi sembreranno ben spesi.
Vediamo quindi il nocciolo della questione, che è espresso in forma generica e vale quindi per Android, per iOS e per gli altri sistemi operativi che forniscono, o mai forniranno, funzionalità simili.
Le funzioni di localizzazione dei device richiedono che un utente, titolare di un account di controllo, definisca come "suoi" un gruppo di device di qualsiasi tipo, purché dotati di connettività wireless.
Da quel momento in poi le informazioni di posizione inviate da ciascun device verranno memorizzate "nel cloud" (si vedono le virgolette?) e lì resteranno. Se un device viene smarrito o rubato, il titolare dell'account può interrogare "il cloud" e ritrovare le informazioni di posizione del proprio device, in particolare quella attuale, o almeno l'ultima nota.
A seconda del tipo di device smarrito, se questo è ancora online, oltre a tentare di recuperarlo è possibile trasmettergli comandi per far accadere varie cose: emettere un suono, lampeggiare, entrare in modalità "ascolto", entrare in modalità "smarrito" o "rubato", bloccarsi e visualizzare un messaggio sullo schermo, cancellare tutti i dati e tornare alle impostazioni di fabbrica, e via dicendo.
Fin qui niente di nuovo. La questione è che, fino a tempi relativamente recenti, la posizione che veniva condivisa era solo quella dei device che "sapevano dove si trovavano" (avevano il GPS) e che il proprietario del device decideva di condividere.
Non è una questione da poco. Infatti un'opzione di questo tipo, che l'utente può facilmente comprendere, permetteva a chi non fosse contento di seminare i suoi dati di posizione ai quattro venti di prendere decisioni semplici su cosa e quando far tracciare. Inoltre i dati di posizione potevano essere solo quelli forniti dal GPS incorporato, o dalle celle GSM nel caso degli smartphone.
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Le idee luminose di Google e di Apple
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