Il caso dello streaming via torrent rispecchia nel piccolo ciò che succede nella Rete.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-05-2014]
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Che succede a Popcorn Time?
Leggi la prima parte dell'Editoriale.
La confusione, come ci si poteva attendere, è aumentata.
Gli utenti si trovano di fronte a quello che in gergo si definisce fork: due gruppi di sviluppatori partono dallo stesso codice sorgente e producono software sostanzialmente simili. A chi dare credito?
In effetti quelli di Time4Popcorn si comportano in modo stranissimo: pubblicano il source code in ritardo e subiscono le lamentele della community originaria, che li accusa di copiare spudoratamente il codice senza dar loro i crediti e senza rispondere ad alcuna domanda loro posta.
Inoltre spulciando sul confusionario codice sorgente di Time4Popcorn sono stati trovati file php che puntano a server estranei che nulla hanno a che vedere con torrent e simili (qui la discussione completa). Ri-detta in soldoni, c'è il sospetto che questi raccolgano dati per scopi pubblicitari.
Il consiglio che ci sentiamo di dare immediatamente è di disinstallare il software eventualmente scaricato su Time4Popcorn e di installare quello di Get-popcorn.
"Tornando all'originale, ho ritrovato la 'vecchia' leggerezza di un tempo," sostiene Matteo G, dell'Officina S3. "Con Time4Popcorn servivano diversi secondi prima di visualizzare le copertine, ora ci mette meno di un secondo".
Questa vicenda è il simbolo di che cosa sia diventato il web dei nostri giorni: una vera e propria fogna. Time4Popcorn è accusata di sfruttare il lavoro altrui e di rubare i dati degli utenti per usarli a fini pubblicitari. Vi ricorda qualcosa?
Esatto! È proprio quello che fanno, alla luce del sole, Google, Facebook e compagnia: offrire servizi gratuiti utilizzando il lavoro, pure gratuito, di milioni di entusiasti produttori di contenuti, e lucrare cifre inimmaginabili vendendo agli sponsor pubblicità mirata sui dati anche sensibili, prelevati agli utenti durante la loro entusiastica navigazione.
Dieci progetti (folli?) di Google | ||
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L'aspetto più inquietante è che tutto questo avviene con l'inerzia, o peggio ancora con la complicità e l'avallo del potere politico, che penserà poi a utilizzare i dati per fini di controllo sociale.
Il business model dominante è cambiato: in pochi anni si è passati dalla vendita di beni a quella di servizi, poi alla vendita di pubblicità e infine alla vendita di dati, cuore della googlenomics.
Negli ultimi anni stanno via via sparendo dalla rete non solo i siti che offrono servizi autenticamente gratuiti, ma anche quelli che offrono servizi a pagamento e pure quelli che offrono servizi gratuiti finanziandosi con i classici banner pubblicitari.
Al loro posto, una selva di vampiri succhia-dati, che ci costringono a iscriverci con email e numero di cellulare ("casomai perdessi la password, te la mandiamo noi!"), a invitare gli amici, cioè tutti i contatti dell'email ("basta rispondere di sì, facciamo tutto noi, col tuo PC"), e a produrre contenuti gratuiti.
La differenza tra chi opera senza secondi fini e chi opera secondo lo schema googlenomics è inizialmente sottile: qualche secondo di attesa per caricare il sito. Il tempo occorrente ai robots per depositare i cookies, negoziare il prelievo dei dati, e voilà, il sito si è caricato.
Le conseguenze sono tutte postume.
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