La tecnologia da sola non basta a dare agli alunni le competenze necessarie: bisogna riformare l'insegnamento.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-09-2015]
Da più parti, specialmente negli ultimi anni, si è insistito nel somministrare alla scuola una iniezione di tecnologia, favorendo l'uso dei Pc, dei tablet, dei libri elettronici e di Internet.
Tuttavia, nonostante gli sforzi tutta questa attività pare non aver portato a risultati positivi per quanto riguarda il miglioramento nell'utilizzo di tali tecnologie da parte degli alunni: le scuole italiane offrono un ampio parco di infrastrutture che in teoria dà agli studenti la possibilità di trascorrere molto tempo a contatto con la tecnologia, ma non sembra trattarsi di un tempo ben sfruttato.
Ad affermarlo è un'indagine dell'OCSE realizzata per valutare l'istruzione e le competenze informatiche degli studenti. È proprio dai dati raccolti che è emerso come dal punto di vista della presenza delle attrezzature l'Italia non sia messa male, anzi: per esempio, nelle nostre scuole c'è 1 PC ogni 4,1 studenti quindicenni, mentre la media OCSE è di 1 PC ogni 4,7 studenti.
Tuttavia, soltanto il 66,8% degli alunni italiani usa quei PC durante l'orario scolastico, mentre la media è del 72%. «La quantità non basta, servono anche qualità ed esperienza» è la conclusione dell'OCSE, che può effettuare confronti con Paesi in cui il tempo dedicato all'utilizzo di Internet a scuola è ridotto rispetto a quello rilevato in Italia, ma i risultati nei test sono migliori.
Per esempio, in Giappone gli studenti passano 11 minuti al giorno utilizzando Internet a scuola, mentre la media OCSE è di 41,9 minuti; eppure i test di comprensione scritta su supporto elettronici danno gli studenti giapponesi al quarto posto a livello mondiale. Questo tipo di test tiene conto della capacità di filtrare le informazioni che si possono ottenere dal web, separando quelle utili, rilevanti e autorevoli da quelle dubbie, sbagliate o inutili.
L'OCSE rileva poi anche che sebbene quasi il 99% dei ragazzi italiani possieda un computer a casa, soltanto il 49,1% di essi lo adopera per fare i compiti (la media OCSE è del 54,9%). Inoltre, il numero di minuti passati dai quindicenni a navigare in Internet è inferiore a quello della media: 93 minuti contro 104.
L'OCSE ritiene che le cause delle prestazioni non eccezionali degli studenti italiani per quanto riguarda la conoscenza e l'uso proficuo delle attuali tecnologie sia da ricercare anche in un uso sbagliato di esse, sia da parte degli studenti stessi che da parte degli insegnanti.
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Tali tecnologie comportano infatti metodi nuovi di interazione tra insegnante e studente, se le si vuole adoperare al meglio: applicarle alle modalità tradizionali di interazione significa non utilizzare al meglio né quelle modalità, nate in un periodo in cui i computer non c'erano o non si usavano e che danno il loro meglio senza strumenti elettronici, né le tecnologie stesse.
«Apporre le tecnologie del ventunesimo secolo alle abitudini di insegnamento del ventesimo secolo non fa altro che ridurre l'efficacia dell'insegnamento» sostiene l'OCSE. «Se gli studenti usano gli smartphone per copiare e incollare risposte prefabbricate alle domande è improbabile che ciò li aiuti a migliorare. Se vogliamo che gli studenti diventino più furbi di uno smartphone dobbiamo considerare più seriamente le pedagogie che usiamo per insegnare. La tecnologia può coadiuvare un modo di insegnare già ottimo, ma un'ottima tecnologia non può sostituire un modo pessimo».
Oltre a spendere per dotarsi di strumenti moderni, se vogliono vedere dei risultati i sistemi scolastici devono quindi investire pesantemente nella formazione degli insegnanti e nell'elaborazione di nuove strategie per trarre il meglio da quanto l'informatica può offrire alla scuola.
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