Esegue un'analisi completa, alla ricerca di malattie.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 10-04-2020]
Di smart toilet è ormai pieno il mondo, o giù di lì, così come di tutta una serie di dispositivi definiti smart perché sono connessi a Internet e si possono comandare o sorvegliare a distanza: è l'era della Internet of Things.
L'idea di smart toilet che emerge in uno studio recente pubblicato su Nature Biomedical Engineering ed elaborato alla Stanford University è però qualcosa di ancora inedito, perché non si occupa di inezie come attivare la riproduzione di musica oppure di alzare o abbassare in automatico la tavoletta.
Invece - dato che si tratta pur sempre del frutto di una ricerca universitaria - aiuta a diagnosticare le malattie.
Una serie di sensori analizza e misura i "prodotti" che entrano nella tazza; ogni seduta viene ripresa in video e, tramite un'apposita sonda, viene pure condotto un test delle urine.
In questo modo si può effettuare il conteggio dei leucociti, rilevare un'eventuale contaminazione del sangue, misurare il livello di certe proteine e via di seguito. Il video, poi, permette di valutare l'urodinamica: flusso, volume e altri parametri aiutano a stilare un quadro clinico.
L'idea di un apparecchio del genere è venuta al dottor Gambhir, professore a Stanford, quando s'è reso conto che una smart toilet è uno strumento diagnostico perfetto: «Diversamente dai dispositivi indossabili, non lo si può togliere. Ognuno adopera il bagno - non c'è proprio modo di evitarlo - e ciò ne aumenta il valore quale apparecchio per la diagnosi delle malattie».
Si potrebbe pensare che una toilette in tal modo configurata costituisca un'apparecchiatura unica e costosa, le cui applicazioni sono limitate agli ospedali. Invece, il dottor Gambhir ritiene che se ne possa trarre un prodotto commerciale da installare anche nei bagni esistenti: «Sarà un po' come acquistare un accessorio simile a un bidet e che può essere aggiunto alla toilette esistente».
L'idea è di produrre diverse versioni della smart toilette, che può anche essere configurata con impostazioni personalizzate in base a ciascun "utente" (per esempio, un diabetico troverebbe utile il rilevamento degli zuccheri nelle urine).
La distinzione di una persona dall'altra (ponendo il caso che una famiglia decida di adottare questo apparecchio) sarebbe gestita interamente dalla toilette stessa. Come? Grazie all'impronta anale.
Gambhir spiega infatti che l'apparecchio integra un sistema di identificazione biometrico che esegue una scansione dell'ano al fine di riconoscere uno specifico utente. «Capiamo che possa sembrare strano» - commenta il professore - «ma abbiamo scoperto che l'"impronta anale" è unica», esattamente come un'impronta digitale.
Quanto alla possibilità di adoperare le sole impronte digitali, il professore spiega che è stata scartata poiché non è possibile farvi un affidamento completo: ci potrebbero essere casi in cui un utente usa la toilette e un altro invece aziona lo sciacquone (sul pulsante del quale è posto il sensore delle impronte digitali), falsando così i dati raccolti.
Qualora i sensori dovessero rilevare un'anomalia, subito partirebbe una notifica diretta alle strutture sanitarie (medico di base, specialista e via di seguito) più adatta indicate nella configurazione, insieme ai dati relativi.
In ogni caso questi sarebbero conservati «in un sistema sicuro, basato sul cloud» ma non comprenderebbero le fotografie catturate dai sistemi di riconoscimento. «Nessuno vedrà le immagini acquisite dal sensore biometrico» - si affretta a spiegare Gambhir - «nemmeno il vostro medico personale».
Insomma, in teoria la protezione della privacy è massima. Se mai quest'invenzione arriverà sul mercato, speriamo che sia davvero così.
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ciocca956