Griefbot e intelligenze artificiali.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-07-2023]
La visionaria serie televisiva distopica Black Mirror ha ormai una lunga tradizione di previsioni tecnologiche che qualche anno dopo si avverano. Dieci anni fa, nella puntata Be Right Back (Torna da me nella versione italiana), aveva immaginato un servizio online che raccoglieva tutte le informazioni pubblicate sui social network da una persona defunta e tutti i suoi messaggi vocali e video e li usava per creare un avatar che, sullo schermo dello smartphone, parlava esattamente come quella persona e aveva il suo stesso aspetto.
Con l'arrivo di ChatGPT e delle altre tecnologie di intelligenza artificiale, quest'idea è diventata fattibile, e ha un nome tecnico, griefbot, che combina il termine inglese "grief" (cioè "lutto"), con "bot", vale a dire "programma o agente automatico".
Già alcuni anni fa erano stati realizzati in Russia, Canada, Stati Uniti e Cina dei griefbot elementari, capaci di scrivere messaggi e di chattare online imitando più o meno lo stile e, in alcuni casi, anche la voce di una persona defunta, e proprio un anno fa in questi giorni Amazon proponeva di dare al suo assistente vocale Alexa la voce di un familiare deceduto. Ma questi griefbot erano abbastanza limitati come fedeltà delle loro conversazioni e non erano in grado di mostrare interazioni video.
Ora, però, l'azienda coreana Deepbrain AI, che produce assistenti virtuali e conduttori sintetici per telegiornali, offre anche queste interazioni su schermo, tramite Re;memory, un servizio che permette alle persone di dialogare anche in video con chi non c'è più.
A differenza dei griefbot realizzati fin qui, che si basano sui dati lasciati dalla persona deceduta, Re;memory si appoggia a suoni, immagini e dati forniti appositamente e preventivamente. Chi vuole lasciare ai posteri un proprio avatar interattivo deve farsi videoregistrare per circa sette ore, durante le quali avviene un colloquio dettagliato, il cui contenuto viene poi usato per fornire a un'intelligenza artificiale una serie di campioni audio e video e di informazioni personali sulle quali basare l'avatar che replicherà l'aspetto fisico e la voce della persona.
I familiari potranno incontrare l'avatar, e interagirvi in vere e proprie conversazioni, recandosi in apposite sedi, dove vedranno l'immagine della persona su un grande schermo, a grandezza naturale, seduta comodamente in poltrona, che parla e si muove in risposta alle loro parole.
Nel video promozionale del servizio, che costa circa 10.000 dollari e si paga anche ogni volta che lo si usa, si vede che l'avatar dialoga per esempio con la figlia di un defunto, rispondendo a senso alle sue parole e creando in lei una forte commozione anche se il tono dell'avatar è poco dinamico e molto pacato, perché il software si basa solo sui campioni registrati in queste sedute apposite, che comprensibilmente non sono ricolme di entusiasmo.
Re;memory non è l'unico griefbot sul mercato: aziende come Hereafter AI offrono avatar più vivaci, ma solo in versione audio, che dialogano con i familiari e sono anche in grado di citare storie e aneddoti del passato della persona scomparsa.
L'avvento di questi fantasmi digitali era facilmente prevedibile, ma come capita spesso queste nuove possibilità, concepite con uno scopo di conforto ben preciso, hanno anche delle applicazioni meno facili da anticipare.
Per esempio, nulla vieta, almeno dal punto di vista tecnico, di creare un avatar di una persona e di usarlo mentre quella persona è ancora in vita, al posto di quella persona. Immaginate un adolescente che passa moltissimo tempo al telefonino a dialogare con i propri amici e si rende conto che preferisce interagire con gli avatar di quegli amici, che sono meno impulsivi e più socievoli e non sono mai stanchi o scocciati, e comincia a preferirli agli amici in carne e ossa. Per citare il futurologo Ian Beacraft in un suo recente intervento pubblico, una sfida dei genitori di domani non sarà decidere quanto tempo è giusto lasciare che i propri figli stiano online, ma decidere quanti dei loro amici possano essere sintetici.
[CLIP: Beacraft che dice "as many of you with kids, the challenges aren't going to be about how much time they spend on their digital devices but deciding how many of their friends should be synthetic versus organic"]
Oppure immaginate uno stalker che si crea un avatar della persona dalla quale è ossessionata, attingendo ai testi, ai video e ai messaggi vocali pubblicati sui social network da quella persona. Tutti quei dati che abbiamo così disinvoltamente condiviso in questi anni verranno custoditi tecnicamente, e verranno protetti legalmente, contro questo tipo di abuso? Non si sa.
Ma ci sono anche delle applicazioni potenzialmente positive: una persona molto timida o che ha difficoltà di relazione o si trova a dover affrontare una conversazione molto difficile potrebbe per esempio esercitarsi e acquisire fiducia in se stessa usando un avatar interattivo. In ogni caso, è ormai chiaro che la frontiera delle persone virtuali è stata aperta e non si chiude.
Fonte aggiuntiva: Engadget.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
|
|
(C) by Paolo Attivissimo - www.attivissimo.net.
Distribuzione libera, purché sia inclusa la presente dicitura.
|
||
|
Gladiator