“Codice aperto, dati aperti'' è il nuovo mantra della Confederazione.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-07-2024]
Ci sono Paesi che lasciano ampia libertà di decisione agli Stati che li compongono, come la Germania, dove alcuni Land adottano Linux, altri Windows, e altri passano periodicamente dall'uno all'altro; ci sono Paesi saldamente in mano a Microsoft; e poi c'è la Svizzera, che ha virato decisamente verso l'open source.
È entrata infatti finalmente in vigore la legge che impone a tutti gli enti pubblici di rendere pubblico il codice degli strumenti software in uso, a meno che ciò non leda i diritti di terze parti o ci siano preoccupazioni riguardanti la sicurezza che rendano sconsigliabile l'apertura.
È dal 2011 che in Svizzera si parla della necessità di avere libero accesso al codice usato dalle pubbliche amministrazione, ma la legge che lo impone è stata approvata soltanto lo scorso anno.
Uno dei maggiori promotori della legge in questione è il professor Matthias Stürmer, dell'Università di Berna, che in questi anni si è battuto per la sua approvazione e che la considera «una grande opportunità per il governo, l'industria IT e la società intera».
Secondo il professore, infatti, l'uso di strumenti "aperti" consente innanzitutto di impedire il lock-in nei confronti di un solo fornitore: in altre parole, le amministrazioni in questo modo sono libere di valutare soluzioni alternative se quella correntemente adottata non le soddisfa anziché restare prigioniere di un sistema opaco, legate alle più o meno fumose rassicurazioni di chi quel sistema ha creato.
Inoltre, sempre il professor Stürmer ritiene che ciò consenta da un lato alle aziende che si occupano di informatica di allargare il proprio giro d'affari ampliando le soluzioni che possono offrire, e dall'altro alle amministrazione di ridurre i costi dei reparti IT, migliorando allo stesso tempo i servizi ai cittadini.
Un altro aspetto certamente non secondario della legge è l'obbligo, per il governo svizzero, di rendere accessibili tutti i dati istituzionali in formati aperti, secondo l'iniziativa Open Government Data, fatte salve anche in questo caso due eccezioni: quando si ha a che fare con dati personali, o con questioni legate alla sicurezza.
L'adozione di "software aperto" e di "dati aperti" «renderà molto più semplice riutilizzare software e dati».
Come sottolinea ancora il professore, tuttavia, la legge è soltanto il primo passo: ora è necessario fare in modo che venga applicata nella pratica, in maniera efficiente e coordinata: gli sforzi dei singoli enti di adottare soluzioni open source devono ora rientrare in un piano complessivo.
Non è necessario tuttavia inventare da zero le modalità di questa transizione: si può far riferimento ai passi compiuti dalla già citata Germania e anche dalla Francia, che dal 2021 ha lanciato CodeGouv proprio per favorire il passaggio al software libero. Potrebbe essere un punto di partenza anche per l'Italia.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA |
|
|
||
|
Homer S.