[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-09-2025]
Disney ha annunciato un nuovo aumento dei prezzi per il servizio di streaming Disney+, con effetto immediato negli Stati Uniti e previsto a breve anche per altri mercati internazionali, Italia inclusa. La decisione rientra in una strategia più ampia definita «di razionalizzazione dei costi e di valorizzazione dei contenuti premium», che dovrebbe consentire all'azienda di reggere la numerosa concorrenza e soddisfare le aspettative degli azionisti, che si aspettano una maggiore redditività.
Negli Stati Uniti il piano Disney+ Premium (senza pubblicità) è passato a 18,99 dollari al mese, mentre l'abbonamento annuale è salito a 189,99 dollari. Il piano con pubblicità cresce invece di 2 dollari, toccando gli 11,99 dollari mensili. Anche Hulu e ESPN+, parte del pacchetto Disney Bundle, hanno subito rincari analoghi. In Italia i prezzi dovrebbero attestarsi sui 6,99 euro al mese per il piano base con pubblicità, sui 10,99 euro al mese per lo stesso piano ma senza la pubblicità (109,90 euro per l'abbonamento annuale) e sui 15,99 euro al mese per il piano Premium (159,90 euro per l'abbonamento annuale).
Secondo quanto dichiarato dal CEO di Disney Bob Iger, la motivazione ufficiale è legata alla necessità di sostenere gli investimenti in contenuti originali e tecnologie di distribuzione. L'azienda ha recentemente annunciato una riduzione del numero di nuove produzioni, puntando su titoli di maggiore impatto e su franchise e marchi consolidati come Marvel, Star Wars e Pixar. Al tempo stesso è in corso una revisione del catalogo con la rimozione di alcune serie e film a basso rendimento, nel tentativo di ottimizzare la spesa e migliorare la marginalità.
Il cambiamento si inserisce in una tendenza più ampia che coinvolge l'intero settore dello streaming. Netflix prima dell'estate ha già spinto gli utenti a passare verso piani più costosi. Amazon Prime Video ha adottato la pubblicità nei contenuti sin dallo scorso anno 2024, e si vocifera che anche Apple TV+ e Paramount+ stiano rivedendo le proprie politiche tariffarie, segno che il modello "flat rate" a basso costo sta lasciando spazio a formule più articolate, spesso basate su livelli di servizio differenziati.
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Homer S.