Diario di un invisibile. I miei occhi non vedevano più le forme ma solo i colori delle emozioni che mi circondavano, anche le più remote.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 31-12-2011]
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Diario di un Invisibile
Il sottoufficiale della DiSpePSIA irruppe senza bussare nella stanza dove si trovavano Marsi e De Moncler. Il colonnellò lo fulminò con un'occhiata che il subordinato non colse in preda ad agitazione per quello che stava succedendo.
"Signore la situazione è fuori controllo. I rivoltosi stanno prendendo il controllo dei centri di comunicazione; radio e TV sono nelle loro mani. Aumentano anche gli ammutinamenti nelle forze dell'ordine. E intorno al Palazzo ci sono centinaia di migliaia di persone che ci stanno stringendo d'assedio. Quali sono gli ordini Colonnello?"
De Moncler rivolse uno sguardo complice a Marsi. Era il momento dell'ultimo atto. "L'ordine è di resistere. La situazione è sotto controllo e fra pochi minuti inizierà la procedura di normalizzazione. Adesso vai e comunicalo agli ufficiali."
Il sottoposto sbattè gli occhi sorpreso di tanta calma e freddezza di cui non capiva la ragione. Aveva voglia di scappare, di buttare la divisa e darsela a gambe ma uscì pronto ad eseguire l'ordine nonostante la paura che stava per fargli esplodere il cuore e rilasciare lo sfintere anale.
Marsi ruppe i seguenti istanti d'immobilità e silenzio. "Sono andati più in là di quanto ci aspettevamo."
"Si. E' il momento del piano B. Procediamo?" rispose il colonnello poggiando il dito sul bottone rosso che aveva sulla sua scrivania. "Procediamo." confermò Marsi.
L'indice di De Moncler pigiò il pulsante che avrebbe dovuto mandare in onda su tutte le emittenti radiotelevisive e in Rete in contemporanea il finto messaggio di Alberto che invitava i rivoltosi a ritirarsi e a collaborare con il Governo provvisorio tenuto dai due congiurati.
Ma non successe proprio nulla. I cavi erano stati tranciati, il canale WiFi d'emergenza interferito con segnali jammers e lo stesso file video cancellato. I due potentissimi coglioni ci misero diversi minuti a capire che il loro piano non era poi così infallibile. Non fecero nemmeno in tempo ad iniziare a preoccuparsi che una botola s'aprì d'improvviso e ne saltarono fuori Paola, Luca e Matteo con le armi spianate urlando: "Fermi! Buttate le armi e faccia a terra. Carabinieri!" L'articolo continua qui sotto.
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Goffredo e Giovanni si guardarono allibiti. Samantha si avvicinò al colonnello per stringergli ai polsi delle manette dicendo: "Scusa papà ma devo arrestarti. L'hai fatta troppo sporca."
[...]
Adesso capivo tutto. Capivo il disegno che era stato scritto da qualcuno che non era di chi pensava fossi un suo personaggio facilmente utilizzabile. Piangevo gli amici morti per me in questa stupida crudele sceneggiatura e per i nemici che erano le inconsapevoli pedine, vittime sacrificali in questo gioco assurdo innescato dalla delirante ambizione di pochi pazzi.
Camminando lungo un percorso che non conoscevo ma di cui sapevo mio malgrado ogni passo, mi avviavo anch'io verso l'atto finale che doveva dare un senso alla storia. E piangendo camminavo e mi avvicinavo alla destinazione ultima, chiedendomi cosa avrei dovuto fare una volta arrivato. E più mi chiedevo il come e più sentivo che il perchè sarebbe stato la risposta.
I miei occhi non vedevano più le forme ma solo i colori delle emozioni che mi circondavano, anche le più remote. Le mie orecchie non sentivano suoni ma le voci dei pensieri e ogni superficie riflettente che incontravo non dava più l'immagine che ero abituato a considerare me stesso ma un indistinto alone di luce, fatto di speranze delle moltitudini di quelli che erano ed erano stati i miei simili.
Non m'importava della mia esistenza ma solo della mia missione, qualunque fosse. Mi trovai di fronte ad un muro e sapevo cosa stava avvenendo dietro. Senza esitazioni lo attraversai come un fantasma e comparvi nello studio dove si trovavano De Moncler e Marsi proprio nel momento dell'irruzione di Polizia e Carabinieri.
Curiosamente nessuno mi vide apparire ma di certo sentirono la mia voce che tuonò con le parole che ogni Messia di buonsenso avrebbe avrebbe pronunciato in questo caso. "Adesso mi avete proprio rotto il cazzo tutti quanti!"
Non so se in quel momento involontariamente emisi una qualche frequenza vibratoria disgregatrice comunque spiegabile dalla Fisica o se un qualche Dio mi diede un potere sovrannaturale, fatto sta che le mura intorno a noi si dissolsero e le multitudini che assediavano il Palazzo della DiSpePSIA irruppero improvvisamente, circondando e disamarmando i presenti con la forza del numero.
E così come ero invisibile ai protagonisti presenti, fui invece visibile alla massa di sfigati che irruppero e mi riconobbero.
"E' Lui! Il Messia."
"Si è proprio Lui!"
"Prendiamolo."
Decine di braccia si levarono verso di me, mi presero e mentre rassegnato mi preparavo ad un destino che non conoscevo ma accettavo, mi alzarono portandomi in trionfo verso l'uscita scandendo il mio nome. "Al-ber-to! Al-ber-to!"
Sollevato pensai che sarebbe finita bene ma mi sbagliavo. La temporanea immaterialità che mi aveva permesso il colpo di scena finale se ne era andata e nonostante l'assenza di mura, i miei fedeli decisero di portarmi in trionfo simbolicamente attraverso l'unica porta rimasta in piedi, facendomi sbattere violentemente il cranio nello stipite.
Il mio ultimo pensiero prima dell'incoscienza fu che fare il Messia di questo popolo di deficienti era proprio un mestiere di merda... ma qualcuno doveva farlo! Svenni ridacchiando come un idiota.
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Riallineamento, non rivoluzione
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