L'ultima versione del browser capisce quando l'utente si allontana dal computer, e lo dice ai siti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 23-09-2021]
Il rilascio di una nuova versione di Chrome da parte di Google non è generalmente una grande notizia, ma Chrome 94 fa eccezione.
In essa infatti Google ha implementato la Idle Detection API, un'interfaccia di programmazione che consente ai siti di capire se l'utente che ha aperto una delle loro pagine sia ancora davanti al computer o allo smartphone (poiché sta facendo qualcosa) o se invece se ne sia andato.
Il rilevamento della presenza dell'utente si basa sull'esecuzione di certe azioni: è infatti possibile che l'utente non stia interagendo con un dato sito ma stia comunque adoperando un software o utilizzando un'altra applicazione; in questi casi, comunque è presente.
Se invece nulla succede da un po', o se magari è partito il salvaschermo, Chrome ritiene che l'utente si sia allontanato e, tramite quell'API, può farlo sapere ai siti.
Per gli sviluppatori tutto ciò è certamente utile: permette di capire in che modo gli utenti interagiscono con i loro siti (o app, specialmente nel caso delle PWA) per migliorarli, ma secondo Mozilla il pericolo per la privacy è molto reale.
Sebbene infatti ogni sito debba chiedere il permesso di usare i dati forniti dall'API, Mozilla ritiene che il suo funzionamento dia vita a «un'opportunità per il capitalismo di sorveglianza» in quanto «invita i siti a invadere aspetti della privacy fisica degli utenti, a mantenere per molto tempo dati circa il comportamento fisico dell'utente, a impararne i ritmi quotidiani (come la pausa per il pranzo) e a utilizzare questi dati per una manipolazione psicologica proattiva (per esempio agendo sul senso di fame, sulle emozioni, sulle scelte)» come spiega Tantek Çelik.
Çelik, che si occupa per conto di Mozilla di seguire l'implementazione di quelli che, se accettati da tutti, diventeranno standard del web, afferma senza mezzi termini che la Idle Detection API è «dannosa» e chiede che si elabori un'alternativa «meno invasiva».
Si potrebbe pensare che, considerata la rivalità tra Mozilla e Google (e la brutta situazione in termini di popolarità in cui da qualche tempo versa Firefox), le obiezioni abbiano un secondo fine, oltre alla protezione della privacy degli utenti.
Altre perplessità vengono però avanzate dal team di sviluppo di WebKit, il motore usato da Safari, il browser di Apple: il gruppo non è convinto che ci sia tutta questa necessità di una funzione del genere.
«Tanto per cominciare» - spiega Ryosuke Niwa, programmatore di Apple che lavora su WebKit - «non c'è la garanzia che l'utente allontanatosi non torni subito al dispositivo. E poi, come farebbe un servizio del genere a sapere se l'utente in quel momento sta usando un altro dispositivo? Non vorremmo proprio che un sito conosca tutti i dispositivi che un utente potrebbe utilizzare per visitarlo: si tratterebbe di una violazione molto seria della sua privacy».
Nonostante le obiezioni, Chrome 94 è ormai realtà, e presto gli altri browser basati su Chromium ne integreranno le funzioni, Idle Detection API compresa, a meno che i vari team di sviluppo non decideranno di eliminare ciò che non condividono.
Se però i siti inizieranno a farne uso, e considerando il fatto che Chrome è il browser più adoperato al mondo, è possibile che volenti o nolenti tutti i browser debbano adottare la Idle Detection API per garantire la piena compatibilità con tutti i siti.
Ci troveremmo insomma a una riedizione di quella situazione che ha consentito a Internet Explorer di fare il bello e il cattivo tempo nel panorama del web per anni, introducendo anche molti comportamenti non standard, fino all'arrivo proprio di Mozilla.
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