Anche Instagram se ne andrà se non potrà più fornire pubblicità mirate ai propri utenti sfruttando i loro dati.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 07-02-2022]
Come un bambino imbronciato con i compagni, Meta pesta i piedi, minacciando di smettere di giocare e di portarsi via il pallone se le cose non andranno come dice lei.
Meta, naturalmente, è l'azienda che controlla Facebook e Instagram; i compagni sono gli Stati dell'Unione Europea, che chiedono adeguamenti in materia di protezione dei dati personali; il pallone sono le già citate Facebook e Instagram e, infine, non è chiaro quanto reale sia la minaccia, che pure è stata messa nero su bianco.
La vicenda inizia nel luglio del 2020 quando una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea determina che le politiche di Facebook che fino a quel momento regolavano la gestione dei dati dei cittadini europei sui server americani, e la legge statunitense nota come Privacy Shield, non sono conformi alle norme della UE e in particolare al GDPR.
La corte chiede quindi l'introduzione di adeguate garanzie circa la protezione dei dati stessi, anche dall'accesso da parte delle autorità statunitensi, nonché il rispetto della direttiva europea sulla protezione dei dati personali (GDPR), e l'inserimento di una serie di meccanismi che consenta ai titolari europei dei dati di ricorrere in tribunale contro le autorità americane in caso di violazione (possibilità che attualmente manca).
La decisione - che peraltro riguarda anche la gestione dei dati da parte di altre grandi aziende, come Amazon, Google e Microsoft - mandò immediatamente su tutte le furie Meta (che al tempo si chiamava semplicemente Facebook), la quale già a settembre 2020 minacciò di lasciare l'Unione Europea se davvero questa avesse preteso il rispetto della sentenza.
Come capita sempre in questi casi, la vicenda s'è però poi trascinata per mesi, anche perché le sentenze della Corte sono un conto e le azioni della Commissione e del governo americano un altro. Ora, però, Meta ha deciso di far sentire la propria voce stabilendo un ultimatum: pretende che venga definita una nuova impalcatura legale che sostituisca il Privacy Shield e che le venga concesso di continuare a operare in base alle attuali norme contrattuali o che venga fornita un'alternativa a esse.
In caso contrario «non saremo in grado di offrire alcuni dei nostri prodotti e servizi più importanti, tra cui Facebook e Instagram, in Europa, situazione che avrebbe conseguenze negative e materiali sulle nostre attività, sulle nostre condizioni finanziarie, e sui risultati delle nostre operazioni».
Se fosse tutto qui, la richiesta potrebbe anche apparire ragionevole: se l'Europa ritiene che l'attuale accordo con gli USA non sia soddisfacente, dovrebbe attivarsi affinché ne sia redatto uno nuovo.
Ma, proseguendo, Meta rivela quali siano le sue vere preoccupazioni: teme infatti che il nuovo accordo possa limitare la sua capacità di raccogliere i dati in generale e quelli sui minori in particolare e che ciò si traduca in «restrizioni imposte ai nostri servizi pubblicitari e alla nostra capacità di offrire prodotti e servizi ai minori in certe giurisdizioni».
La questione nel suo complesso non riguarda infatti soltanto la conservazione dei dati personali dei cittadini europei (maggiorenni o minorenni che siano), ma anche e soprattutto la possibilità di condividerli con varie altre realtà negli Stati Uniti e, in particolare, con gli inserzionisti pubblicitari: a questo servono i dati stessi. <è> In sostanza, dunque, l'Europa vorrebbe imporre regole severe circa la protezione dei dati e, idealmente, le piacerebbe che i dati europei restino nel Vecchio Continente; Meta vuole invece poter continuare a esportarli negli USA e a poterne disporre a fini pubblicitari, poiché - come ammesso da Mark Zuckerberg stesso davanti al Congresso americano - l'attività fondamentale di Facebook è «vendere spazi pubblicitari», facendo leva sulle più permissive norme d'oltreoceano.
Se tutto ciò non sarà possibile - dice ora Meta - l'azienda semplicemente si ritirerà dall'Europa con Facebook e Instagram ed eventualmente con altri servizi: non dimentichiamo infatti che Meta controlla anche WhatsApp dove - è vero - non c'è pubblicità ma ci sono invece parecchi dati personali di cui andare ghiotti.
È evidente che, sebbene la minaccia di Meta possa lasciar pensare che il tempo sia agli sgoccioli, il braccio di ferro è in realtà ancora in corso, anche se la situazione sembra iniziare a scaldarsi. Se poi davvero Meta voglia rinunciare completamente a un mercato comunque lucroso come quello europeo, e non si tratti soltanto di un bluff, resta da vedere.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA |
|
|
||
|
Gladiator