La Corte di Giustizia Europea pone dei paletti al blocco dei siti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-03-2014]
Bloccare i siti che offrono illegalmente materiale coperto da diritto d'autore si può, ma con un po' di buonsenso.
Tende a salvaguardare capra e cavoli l'ultima decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, chiamata a pronunciarsi in un caso portato alla sua attenzione da un provider austriaco.
Il caso che ha dato origine a tutto vede coinvolte due società cinematografiche austriache e, per l'appunto, un provider connazionale.
Le prime due chiedevano che il provider bloccasse l'accesso al sito kino.to, in quanto esso ospitava alcuni film senza detenerne i diritti.
Il provider aveva risposto ponendo diverse obiezioni: da un lato, sosteneva che le case discografiche non potevano dimostrare che i suoi utenti avevano agito in modo illecito. Dall'altro, affermava che qualunque misura presa poteva essere facilmente aggirata. Infine, poneva sul piatto anche i costi elevati che quelle misure avrebbero comportato.
La Corte di Giustizia ha deciso che, sebbene sia possibile chiedere a un provider di bloccare un sito web in violazione, la scelta del metodo migliore spetta a quest'ultimo.
Inoltre, è bene che si provveda a bloccare soltanto il contenuto oggetto del contendere; non tutto il sito.
Detto con il linguaggio della Corte: «I diritti fondamentali in parola non ostino ad una tale ingiunzione, alla duplice condizione che le misure adottate dal fornitore di accesso non privino inutilmente gli utenti di internet della possibilità di accedere in modo lecito alle informazioni disponibili e che tali misure abbiano l'effetto di impedire o, almeno, di rendere difficilmente realizzabili, le consultazioni non autorizzate di materiali protetti e di scoraggiare seriamente gli utenti dal consultare i materiali messi a loro disposizione in violazione del diritto di proprietà intellettuale».
Insomma, occorre bilanciare i diritti dei produttori di contenuti con quelli degli utenti e quelli dei siti, ai quali può capitare di ospitare materiale perfettamente legale a fianco di altro materiale illecito.
Certo non è facile procedere nel modo indicato dalla Corte anche perché alcuni strumenti - come la deep packet inspection - sono vietati dalla Corte stessa, in quanto lesivi della privacy degli utenti.
Non hanno trovato invece terreno fertile le obiezioni del provider che riguardavano l'incertezza circa il comportamento scorretto degli utenti: «Non è necessario neppure dimostrare che gli abbonati del fornitore d'accesso consultino effettivamente i materiali protetti accessibili sul sito Internet del terzo, poiché la direttiva dispone che le misure che gli Stati membri sono tenuti ad adottare per conformarsi ad essa hanno l'obiettivo non solo di far cessare, ma altresì di prevenire le violazioni inferte al diritto d'autore o ai diritti connessi».
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