Un'occasione d'oro per i dipendenti scontenti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-06-2016]
Da qualche anno, la BSA ha attivato una "campagna delatoria", promettendo premi in denaro a quanti denunciano l'uso di software pirata nella propria azienda.
Da quando l'iniziativa è nata, i dipendenti licenziati e che covano rancore hanno a disposizione un'arma in più per vendicarsi di chi - giustamente o meno - li ha lasciati a casa e allo stesso tempo intascare un po' di denaro, facendo la spia.
Che questo sia lo scenario tipo non è soltanto un'illazione: lo ha confermato Robert J. Scott, socio dello studio Scott & Scott che ha difeso molte aziende accusate di pirateria.
La maggior parte delle cause inizia per via di «una segnalazione inviata da un impiegato scontento o licenziato, qualcuno che spesso cerca di ottenere la somma di denaro pubblicizzata dalla BSA».
Per molte delle aziende coinvolte, quanto avviene è equiparabile a una pura e semplice forma di estorsione. E, se da un lato chi produce software ha diritto di difendersi, dall'altro il metodo è certamente discutibile.
Intervistato da TechCrunch, Scotto ha raccontato la storia di un'azienda texana - la Fuzzy's Radiator - denunciata a Microsoft da una lettera il cui autore sosteneva che essa violava licenze per milioni di dollari.
Per qualche motivo, la lettera era arrivata al gigante di Redmond poco dopo il licenziamento del responsabile del reparto IT di Fuzzy's Radiator, scatenando ovviamente il sospetto dei proprietari.
Di fronte al rischio di dover sborsare milioni - e dichiarare bancarotta, non disponendo della somma - Fuzzy's Radiator aveva congelato gli stipendi dei dipendenti e bloccato ogni nuovo acquisto. Alla fine, la questione s'è chiusa con il pagamento di soltanto una parte della somma indicata inizialmente, e l'azienda è ancora in attività.
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Il punto è che quando la BSA entra in azione, le somme che l'associazione minaccia di chiedere come risarcimento sono pesanti: non di rado si tratta di centinaia di migliaia di dollari (se non di milioni), cifre che le piccole realtà non possono affrontare.
Né chi viola le licenze è sempre colpevole. Scott ricorda casi in cui del software pirata era davvero presente sui PC aziendali, ma all'insaputa dei proprietari: qualche responsabile IT che pensa di glissare sulle licenze o qualche dipendente che magari ritiene di non fare nulla di male rischiano di mettere in serio pericolo l'intera attività.
Se comunque è vero che, qualora la questione arrivi in tribunale, le esorbitanti richieste della BSA vengono spesso ridimensionate (e di molto), con buona pace delle spie che vedono ridursi di conseguenza anche la loro fetta, il vero problema è alla radice.
Da un lato, infatti, chi decide di affidarsi al software proprietario deve mettere in conto che ciò significa anche essere in regola con le licenze. Dall'altro, resta il fatto che la campagna delatoria della BSA è un modo un po' meschino di gestire le violazioni del copyright.
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