''Non c'è nessuna violazione della privacy perché non c'è alcuna privacy'' sostiene l'avvocato del social network.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-06-2019]
La maggior parte degli utenti si sarà ormai dimenticata dello scandalo legato a Cambridge Analytica, quando Facebook si ritrovò nei guai per la supposta compravendita dei dati degli iscritti.
Il caso, oltre a una pessima pubblicità per il social network, diede vita a una class action che è tuttora in corso e nella quale Facebook sta cercando di difendersi.
L'ultima mossa in questo senso operata dall'avvocato del social network in blu, Orin Snyder, potrà anche essere di qualche giovamento in un'aula di tribunale ma pare un vero autogol dal punto di vista delle pubbliche relazioni.
Secondo quanto riporta Law360, Snyder ha infatti affermato durante un'udienza che gli utenti di Facebook «non si attendono alcun rispetto della privacy».
Facebook - ha spiegato l'avvocato - è in sostanza «una piazza cittadina digitale», e nessuno può seriamente aspettarsi della privacy se volontariamente mette pubblicamente in piazza i fatti propri.
E se i dati sono quindi sostanzialmente pubblici, allo stesso modo qualunque cosa faccia Facebook dei dati degli utenti è legittima: «Non si configura alcuna violazione della privacy, dato che non c'è alcuna privacy» ha dichiarato Snyder.
Di contro, «per potersi ragionevolmente aspettare della privacy riguardo a qualcosa bisogna proteggere con attenzione quel qualcosa» ha commentato ancora Snyder, sottintendendo che, siccome gli utenti non proteggono in prima persona i propri dati, allora non si possono nemmeno aspettare che altri lo facciano al posto loro.
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Insomma: per Snyder la responsabilità è soltanto degli utenti, che condividono di propria iniziativa le proprie informazioni con Facebook, che è una sorta di "luogo pubblico"; non possono poi lamentarsi se quelle informazioni finiscono in mano ad altri soggetti. Sarebbe come gridare il proprio numero di carta di credito in un bar affollato e poi protestare perché qualcuno ne ha approfittato.
Come dicevamo, forse il giudice darà anche credito alla teoria espressa dall'avvocato, ma anche qualora ciò servisse a scagionare Facebook dalla causa in corso certamente l'opinione che gli utenti hanno di esso non ne guadagnerà.
È comunque interessante notare la schizofrenia (che poi è semplicemente un continuo adattarsi alla situazione contingente nella speranza di uscirne senza danni) con cui si muove Facebook che, proprio mentre l'avvocato sosteneva l'inesistenza della privacy sul social network, per bocca di Mark Zuckerberg affermava di voler diventare «una piattaforma sociale centrata sulla privacy» durante l'ultimo incontro con gli azionisti.
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