In barba al GDPR, Chatcontrol autorizza i provider a ispezionare ogni comunicazione. Motivazione ufficiale: la lotta alla pedofilia.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 16-07-2021]
In nome della lotta alla pedofilia e alla pedopornografia online, il 6 luglio il Parlamento Europeo ha approvato un regolamento denominato Chatcontrol che agirà in deroga alla norma europea per i dati personali, il famoso GDPR: consentirà ai provider di posta elettronica e non solo di monitorare le comunicazioni dei cittadini europei.
Il Regolamento è stato approvato con 537 voti a favore, espressi da eurodeputati di tutte le famiglie politiche - dai socialisti ai democratici, passando per popolari, conservatori, e destra radicale - e il voto contrario di 137 membri del Parlamento, appartenenti soprattutto ai Verdi, ai vari partiti pirata e al gruppo della sinistra radicale.
Lo scopo è sicuramente nobile - la protezione dei minori dagli sfruttatori - ma il mezzo prescelto per raggiungerlo è di dubbia efficacia, di farraginosa applicazione ed estremamente prono a fornire una marea di falsi positivi, senza contare come faccia carta straccia di tutti i pronunciamenti sulla riservatezza dei dati usciti fino a oggi.
L'ormai famoso GDPR vieta le pratiche di sorveglianza, intercettazione e conservazione delle comunicazioni elettroniche delle persone; il Regolamento, agendo in deroga, consente invece tutto ciò, giustificandolo con la lotta alla pedofilia.
Chi ha scritto la norma, con tutta evidenza sa di aver agito in barba a tutti i principi espressi sinora: infatti l'efficacia di Chatcontrol ha una durata massima di tre anni, ossia il tempo entro il quale, prevedibilmente, saranno presentati, valutati e infine accolti i vari ricorsi che già si iniziano a ipotizzare contro di esso.
Occorre precisare che l'adesione al Regolamento da parte dei provider è per il momento volontaria, anche se alcuni si sono già espressi a favore. L'ambito d'applicazione non riguarda soltanto le comunicazioni via posta elettronica, ma tutti gli scambi: dalle chat ai post sui social network; sono escluse solo le comunicazioni audio.
La scansione delle comunicazioni avverrà automaticamente in cerca di contenuti illegali; qualora l'algoritmo rileverà del materiale corrispondente ai parametri, il provider dei servizi sarà allertato ed esso dovrà non solo verificare la veridicità della segnalazione, ma anche avvisare immediatamente le forze dell'ordine.
In altre parole, i dipendenti di ogni fornitore di servizi - sia esso Facebook, Google o un piccolo provider di posta elettronica - potranno, per esempio, visionare e conservare testi, foto e video anche intimi di milioni di persone, per poter stabile se il materiale sia lecito oppure no.
Poi avviseranno la polizia. Mentre tutto ciò starà accadendo, la persona diventata oggetto d'indagine non saprà nulla, in barba all'articolo 22 del GDPR che impone che i soggetti interessati siano informati, che siano loro fornite tutte le spiegazioni del caso e che abbiano la possibilità di contestare la decisione presa dall'algoritmo. Non solo: mentre l'articolo 71 del GDPR vieta che vengano prese decisioni automatizzate nei confronti di minori, il Regolamento non opera alcuna distinzione tra minorenni e adulti.
Oltre a questa palese violazione della privacy c'è la questione dell'inevitabile imprecisione degli algoritmi: come già capita con i filtri di Facebook, il sistema facilmente segnalerà contenuti che, se non del tutto innocenti, sono quantomeno legittimi; un messaggio che, letto nel suo contesto, non rappresenta un problema potrebbe essere segnalato alle forze dell'ordine perché sembra essere allusivo - e configurare il reato di adescamento - nei confronti di un minore.
I rilievi non si fermano qui: si riapre infatti tutta la questione dello scambio di materiale intimo tra minorenni. Se entrambi gli attori della comunicazione sono minori, può configurarsi un reato di pedofilia: è giusto che il sistema di sorveglianza provveda a rilevare e punire questi scambi assolutamente privati tra soggetti consenzienti? Di più: ha davvero senso costruire, come vuol fare la Commissione Europea, un database di materiale pedopornografico per facilitare la ricerca di quanto è in circolazione?
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Chatcontrol, a rimetterci saranno le vittime di abusi
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