[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-05-2021]
Per anni, una delle argomentazioni che i fan di Apple hanno utilizzato per sostenere la propria, percepita superiorità su tutti i concorrenti in generale e sul mondo Windows in particolare è stata: «Sui Mac non ci sono virus/malware».
Ovviamente, ciò non è mai stato vero. D'altra parte, un sistema operativo progettato per essere nativamente più sicuro di quanto non lo sia Windows e una diffusione ben più limitata delle macchine Apple hanno dato una certa sostanza all'affermazione secondo la quale i Mac sono, se non immuni, quantomeno non così suscettibili ai malware.
Si capisce quindi come le parole pronunciate da Craig Federighi, dirigente di Apple, in un'aula di tribunale abbiano causato un balzo collettivo sulla sedia da parte di tutti quanti hanno sempre sostenuto la quasi immunità di macOS.
Federighi ha infatti testualmente dichiarato: «Oggi abbiamo sui Mac un livello di malware che non riteniamo accettabile».
Perché mai uno degli alti papaveri dell'azienda di Cupertino ha deciso di spararsi sui piedi così all'improvviso?
Per capirlo, dobbiamo tenere presente che, quando ha pronunciato quella frase, Federighi stava testimoniando nella causa che vede ormai da mesi Apple contrapposta a Epic Games e che ha causato la sparizione del popolare gioco Fortnite dall'App Store di iPhone e iPad.
La questione che vede contrapposte le due aziende riguarda i pagamenti in-app. In Fortnite, Epic adopera su tutte le piattaforme sulle quali è presente una propria moneta virtuale interna (i "v-Bucks"), ma le regole di Apple vietano esplicitamente questa pratica: ogni acquisto effettuato sui dispositivi mobili deve passare dall'App Store, così che Apple possa avere la propria fetta.
Nella fase più recente del procedimento, Epic ha provato a cambiare l'angolo d'attacco cercando di dimostrare che l'obbligo di utilizzo dell'App Store non è davvero così indispensabile.
Per mettere in difficoltà l'azienda della Mela ha sottolineato come le sue due piattaforme - macOS e iOS - seguano, apparentemente senza motivo, due modelli diversi: se come ormai sappiamo sotto iOS tutto deve passare dall'App Store, sotto macOS gli utenti hanno invece la libertà di decidere la provenienza del software che intendono installare (e, quindi, eventualmente, anche di fare acquisti al di fuori dell'App Store).
Esplicitare tale contraddizione avrebbe dovuto, nelle intenzioni di Epic Games, mettere in imbarazzo Apple e costringerla a confessare che la disparità di trattamento serve soltanto a "mungere" gli sviluppatori delle app per dispositivi mobili. A causa della risposta di Federighi, però, la vicenda ha preso una piega del tutto inaspettata.
È stato infatti perché credeva di fornire una buona motivazione per giustificare la differenza di politiche tra macOS e iOS che il dirigente s'è lasciato scappare quanto il livello di malware per macOS sia considerato alto, tanto da essere ritenuto «inaccettabile».
Per la precisione, la frase completa pronunciata da Craig Federighi è: «Oggi abbiamo sui Mac un livello di malware che non riteniamo accettabile. Se prendessimo le tecniche di sicurezza dei Mac e le applicassimo all'ecosistema di iOS, con tutti quei dispositivi, tutto quel valore, saremmo travolti da una situazione drasticamente peggiore di quella che già abbiamo sui Mac».
L'affermazione evidentemente voleva andare a sostenere il modello di iOS, implicando che la decisione di far passare ogni acquisto attraverso l'App Store sia dettata soltanto dalla preoccupazione di mantenere alta la sicurezza, cosa che non avverrebbe se si aprisse alla possibilità di installare software proveniente da altre fonti, ma si è rivelata un grosso passo falso.
Non per il corso della causa (al giudice interessa poco del prestigio di Apple: al massimo, vorrà verificare se l'affermazione sia vera e possa andare a sostegno della posizione di Apple), ma perché ha vanificato la percezione di "sistema operativo inattaccabile" che in questi anni è stata discretamente alimentata nei confronti di macOS. Tutto ciò che del ragionamento di Federighi è stato percepito dalla gente infatti è «Sui Mac c'è troppo malware, altro che "sistema più sicuro"!».
Apple ha quindi davvero ammesso di aver un serio problema di malware e di averlo tenuto nascosto sinora? No: in realtà si è trattato soltanto di un maldestro tentativo di difendere un proprio interesse accidentalmente gettando fango su un altro interesse. Una frase, per quanto improvvida, non cambia la realtà: vuoi per motivi di diffusione, vuoi per motivi di architettura del sistema, i malware per macOS esistono ma sono meno di quelli per Windows.
Un'importante conseguenza positiva emerge però da questa vicenda: l'ammissione di Apple - se così possiamo chiamarla - dovrebbe finalmente rendere chiaro a tutti che il sistema completamente immune dai software malevoli non esiste, e che prendere un Mac nella convinzione di essere al sicuro da tutto è già mettere un piede nella tagliola.
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